Francesco Carnelutti è stato uno dei più importanti avvocati e giuristi del ‘900. La sua ricerca ha spaziato in molteplici aree del diritto; le sue idee hanno segnato numerosi campi della giurisprudenza e sono ricordate da generazioni di studenti.

Negli scritti che riportano il discorso tenuto dal Professor Carnelutti il 5 giugno 1959 nella Sala degli Avvocati del Palazzo di Giustizia di Roma, in occasione della Conferenza sul tema “La missione del giurista” è contenuta una parte, molto bella, che individua nella figura del giurista, quella di un dotto il cui nobile compito è quello di diffondere la cultura del diritto, di portarla alla gente comune. Per dirla con le parole del filosofo tedesco Fichte, il dotto, che in questo caso è il giurista, ha l’obbligo morale di diffondere il suo sapere.

 

Riportiamo testualmente Carnelutti:

“Una tendenza, anzi una tentazione sempre più diffusa tra i dotti è quella di parlare tra di loro.

Io mi sono permesso di denunciarla (…)

Non contesto che questa, del parlare tra di noi, sia, fino a un certo punto, una necessità, in tutti i rami della scienza. La comunicazione non può avvenire, se non attraverso una serie di circoli concentrici, dal più ristretto al più ampio.

E il parlare tra di noi implica la formazione di quel linguaggio tecnico, che si instaura, al fondo, per ragioni di economia e trova nel linguaggio matematico il suo esemplare estremo e glorioso.

 

In parole semplici noi (intendo noi giuristi) abbiamo bisogno, prima di tutto, di comunicare tra di noi, e per comunicare tra di noi scegliamo, naturalmente, le vie più dirette e più brevi. Perciò sarà certo sembrato a più d’uno che ai miei insistenti richiami contro l’ermetismo possa essere opposta almeno la distinzione tra il piano della scienza e il piano dell’arte.

 

 

(…) – ma, continua Carnelutti – il vero è che la scienza non è scienza se non si compie nell’arte; dovrei ripetere qui, qualche pagina che scrissi tempo fa, per dimostrare fra l’altro, che è così perfino nel campo della matematica, della quale pure i più grandi culturo sentono e fanno sentire la bellezza.

Perciò, attraverso i circoli più ristretti, anche lo scienziato deve tendere al raggiungimento dei circoli più lontani onde il parlare tra di noi non può essere considerato se non come una tappa verso il parlare con gli altri, cioè verso il far sapere a chi non sa, quello che, proprio perché non sa, ha bisogno di sapere.

Far conoscere il diritto, dovrebb’essere, dunque, la missione del giurista, non soltanto conoscerlo per sè”.

 

Ginevra Poli